mercoledì 25 luglio 2012

FETO O NATO MORTO


16 settembre 2011 – Comune di X – Regione Emilia Romagna
Quesito: Qualche mese fa nell'Ospedale di C. una sig.ra ha partorito un feto di 26 settimane.
Il medico che ha assistito al parto ha ritenuto opportuno fare SOLO un certificato di espulsione di feto di 26 settimane senza pero' stilare l'attestazione di nascita in quanto per lui non era assolutamente da  fare la dichiarazione di nascita come bimbo nato morto.
In questo caso la ASL ha proceduto a fare l'autorizzazione al seppellimento di questo feto.
I genitori successivamente si sono rivolti al servizio cimiteriale di questo Comune (tengo a precisare che il servizio e' appaltato a ditta privata) per la sepoltura. Gli e' stato detto che per queste sepolture (feti non dichiarati, prodotti abortivi) e' stata definita un'area nel Cimitero ove, non e' comunque possibile porre una lapide con i dati. La volonta' dei genitori era di tumulare il feto in tomba di famiglia.
In questi giorni i genitori si sono nuovamente rivolti a questa amm/ne chiedendo una degna sepoltura per il loro bambino.
Le chiedo:
Se il medico non ritiene opportuno fare l'attestazione di nascita, l'Ufficiale di Stato Civile puo' intervenire in merito?? a prescindere dalle settimane ( il regolamento di P.M. parla   dalla 28 sett.). Se non e' stata dichiarata la nascita come nato morto e non gli e' stato dato un nome e cognome possono seppellirlo in tomba o in terra con lapide indicante i dati???
Puo' in questo caso essere modificato un regolamento per questi tipi di sepolture??
Parere: La questione che lei pone ha un duplice aspetto: come considerare il prodotto abortivo e possibilità di sepoltura.
L'ufficiale dello stato civile interviene solo e soltanto quando il medico produce una attestazione di nascita (ancorchè nato morto). Qualora il medico, come in questo caso, non ritenga vi siano le condizioni per produrre l'attestazione di nascita, prodromica alla formazione dell'atto di nascita, l'U.S.C. non ha alcuna competenza e l'autorizzaione al seppellimento viene rilasciata dall'ASL, come giustamente avvenuto.
Per quanto riguarda questo aspetto, quindi, ciò che è avvenuto è perfettamente regolare.
Circa la possibilità di poter seppellire questo (e ogni altro) feto,  è indubbio che possano essere accolti nel cimitero (vedi artt. 7 e 50 del DPR 285/1990); è necessario ed opportuno però che venga eventualmente aggiornato il vostro regolamento comunale al fine di disciplinare, se non già previsto, queste sepolture, che indubbiamente oggi rappresentano una più numerosa richiesta.
Sarà quindi necessario prevedere, laddove la pianificazione cimiteriale e/o le condizioni e dimensioni del cimitero lo consentano, un'apposita area per l'inumazione dei feti e prodotti del concepimento, definendo dimensioni delle fosse e distanze, la durata delle sepolture, le eventuali tariffe, ecc. (vedasi al riguardo il Regolamento regionale 23 maggio 2006, n. 4, art. 2 comma 9).
Nelle discipline regolamentari che ho avuto occasione di vedere, è di norma consentita la posa di un cippo, recante però il solo numero che contrassegna la fossa. Anche questo andrà specificato nel regolamento.
Peraltro, volendo indicare sul cippo le generalità, qualsiasi nome vi fosse indicato, non avrebbe nessun presupposto di legalità, no?
Per quanto riguarda la sepoltura in tomba di famiglia, in assenza di norme ad hoc, la dottrina e la giurisprudenza sono orientate a che debbano essereaccoltii prodotti abortivi di
presunta età di gestazione dalle 20 alle 28 settimane complete e dei feti che  abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di età intrauterina e che all'ufficiale di stato civile non siano stati dichiarati come nati morti ed i  prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane, questi ultimi quando i genitori ne chiedano l'accoglienza (art. 7, D.P.R. n. 285 del 1990). È da ritenere che rientri nell'autonomia comunale di estendere l'ambito delle persone aventi diritto alla sepoltura del Comune oltre il minimo inderogabile stabilito dal Regolamento di polizia mortuaria (D.P.R. n. 285 del 1990) secondo esigenze e scelte locali.

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