mercoledì 25 luglio 2012

VOLONTA’ CREMAZIONISTA, ovvero, il trionfo dell’ipocrisia

Abbiamo tutti la memoria della triste vicenda del trafugamento del feretro contenente il cadavere di Mike Buongiorno.
La vicenda dopo quasi un anno si è conclusa con il ritrovamento del feretro, mentre i responsabili difficilmente verranno scoperti.
Ma non è su questo che vogliamo soffermarci, quanto piuttosto su ciò che ne è seguito.
Come abbiamo appreso dalla stampa e dalla televisione, la famiglia ha poi fatto cremare il cadavere e ha espresso il desiderio di disperderne le ceneri.
Ma come? Forse che il nostro ordinamento non condiziona la cremazione e la dispersione delle ceneri alla espressa volontà del defunto?
Ora, non è mai stato pubblicizzato e non possiamo sapere se Mike Buongiorno abbia mai espresso questa volontà per iscritto o verbalmente ai familiari, né siamo legittimati ad indagare sulla sincerità delle dichiarazioni rese dai familiari.
Ma una domanda sorge spontanea. Quante volte accade che i familiari manifestino la volontà cremazionista spacciandola per volontà del defunto, quando invece la scelta è dettata da tutt’altre ragioni?
E’ pur vero che l’interpretazione e l’applicazione delle norme non sono univoche.
Basti pensare che in Italia in materia di cremazione abbiamo vigenti due regimi: quello previsto dall’art. 79 del D.P.R. 285/1990 e, in diverse Regioni, quello introdotto dall’art. 3 della legge 130/2001. In entrambi i casi, non tutti sono d’accordo che i familiari nel manifestare la volontà cremazionista debbano dichiarare la volontà espressa verbalmente in vita dal defunto (come detto dal Min. Interno nella famosa circolare n. 37/2004), ritenendo invece che i familiari manifestino una loro autonoma volontà.
Pure in materia di dispersione delle ceneri, dando applicazione alla legge 130/2001, le Regioni hanno adottato soluzioni differenti. Alcune Regioni hanno previsto la possibilità per l’ufficiale di stato civile di autorizzare la dispersione solo di fronte al testamento o all’iscrizione ad associazione cremazionista. Altre invece hanno ritenuto di accettare anche la dichiarazione con cui i familiari riferiscono la volontà del defunto, di fatto accettando il rischio che la dichiarazione resa non sia genuina.
Quante sono poi le complicazioni conseguenti? Unanimità o maggioranza dei familiari di pari grado, rappresentanza dei minori e degli interdetti, impossibilità di sostituire il coniuge inabile o del coniuge irreperibile, modalità di raccolta delle dichiarazioni, ecc.
Non possiamo che porci la domanda, che peraltro abbiamo posto al centro dell’ultima edizione di “Aperti per lutto”: perché non uscire dall’ipocrisia e dare alla scelta cremazionista la stessa dignità che hanno l’inumazione e la tumulazione? Dignità vuol dire liberare questa scelta da tutti gli orpelli burocratici che attualmente la avviluppano.
Vuol dire dare diritto di cittadinanza alla scelta resa dai familiari, senza doverla o meno contrabbandarla per scelta operata verbalmente in vita dal defunto.
Ci rendiamo conto che in questo particolare momento del Paese ci sono ben altri problemi e come la riforma della materia statale a livello statale non sia prossima. Forse però una risoluzione ministeriale che riconsideri l’interpretazione data con la circolare 37/2004 potrebbe essere possibile e, riteniamo, più che opportuna; di certo contribuirebbe a diradare la nebbia che attualmente avvolge il contesto della manifestazione della volontà cremazionista.

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