Abbiamo tutti la memoria della triste vicenda del
trafugamento del feretro contenente il cadavere di Mike Buongiorno.
La vicenda dopo quasi un anno si è conclusa con il
ritrovamento del feretro, mentre i responsabili difficilmente verranno
scoperti.
Ma non è su questo che vogliamo soffermarci, quanto
piuttosto su ciò che ne è seguito.
Come abbiamo appreso dalla stampa e dalla televisione, la
famiglia ha poi fatto cremare il cadavere e ha espresso il desiderio di
disperderne le ceneri.
Ma come? Forse che il nostro ordinamento non condiziona la
cremazione e la dispersione delle ceneri alla espressa volontà del defunto?
Ora, non è mai stato pubblicizzato e non possiamo sapere se
Mike Buongiorno abbia mai espresso questa volontà per iscritto o verbalmente ai
familiari, né siamo legittimati ad indagare sulla sincerità delle dichiarazioni
rese dai familiari.
Ma una domanda sorge spontanea. Quante volte accade che i
familiari manifestino la volontà cremazionista spacciandola per volontà del
defunto, quando invece la scelta è dettata da tutt’altre ragioni?
E’ pur vero che l’interpretazione e l’applicazione delle
norme non sono univoche.
Basti pensare che in Italia in materia di cremazione abbiamo
vigenti due regimi: quello previsto dall’art. 79 del D.P.R. 285/1990 e, in
diverse Regioni, quello introdotto dall’art. 3 della legge 130/2001. In
entrambi i casi, non tutti sono d’accordo che i familiari nel manifestare la
volontà cremazionista debbano dichiarare la volontà espressa verbalmente in
vita dal defunto (come detto dal Min. Interno nella famosa circolare n. 37/2004),
ritenendo invece che i familiari manifestino una loro autonoma volontà.
Pure in materia di dispersione delle ceneri, dando
applicazione alla legge 130/2001, le Regioni hanno adottato soluzioni
differenti. Alcune Regioni hanno previsto la possibilità per l’ufficiale di
stato civile di autorizzare la dispersione solo di fronte al testamento o
all’iscrizione ad associazione cremazionista. Altre invece hanno ritenuto di
accettare anche la dichiarazione con cui i familiari riferiscono la volontà del
defunto, di fatto accettando il rischio che la dichiarazione resa non sia
genuina.
Quante sono poi le complicazioni conseguenti? Unanimità o
maggioranza dei familiari di pari grado, rappresentanza dei minori e degli
interdetti, impossibilità di sostituire il coniuge inabile o del coniuge
irreperibile, modalità di raccolta delle dichiarazioni, ecc.
Non possiamo che porci la domanda, che peraltro abbiamo posto
al centro dell’ultima edizione di “Aperti per lutto”: perché non uscire
dall’ipocrisia e dare alla scelta cremazionista la stessa dignità che hanno
l’inumazione e la tumulazione? Dignità vuol dire liberare questa scelta da
tutti gli orpelli burocratici che attualmente la avviluppano.
Vuol dire dare diritto di cittadinanza alla scelta resa dai
familiari, senza doverla o meno contrabbandarla per scelta operata verbalmente
in vita dal defunto.
Ci rendiamo conto che in questo particolare momento del
Paese ci sono ben altri problemi e come la riforma della materia statale a
livello statale non sia prossima. Forse però una risoluzione ministeriale che
riconsideri l’interpretazione data con la circolare 37/2004 potrebbe essere
possibile e, riteniamo, più che opportuna; di certo contribuirebbe a diradare
la nebbia che attualmente avvolge il contesto della manifestazione della
volontà cremazionista.
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